Benvenuti in Calenzano Democratica

Calenzano Democratica è una realtà politica dedicata alla partecipazione attiva dei cittadini per il miglioramento della nostra comunità. Siamo qui per ascoltare le vostre esigenze.

Chi siamo

Calenzano Democratica è una realtà politica fondata sull'idea che ogni cittadino meriti di essere ascoltato e rappresentato. Crediamo nella partecipazione attiva e nella responsabilità collettiva. La nostra missione è quella di creare un ambiente dove le idee possano prosperare e dove ogni individuo possa contribuire al progresso della comunità. Siamo composti da cittadini impegnati, appassionati e desiderosi di lavorare insieme per una Calenzano migliore. Attraverso il dialogo, l'organizzazione di eventi e la realizzazione di progetti concreti, ci proponiamo di affrontare le sfide che si presenteranno alla nostra comunità, promuovendo valori di inclusione, solidarietà e partecipazione. Insieme, stiamo costruendo un futuro più luminoso per tutti.

Domande frequenti

Come posso partecipare agli eventi?

Puoi partecipare agli eventi tramite il nostro sito o seguendo le nostre pagine social per rimanere aggiornato.

Quali sono i vostri obiettivi principali?

I nostri obiettivi principali includono la promozione della partecipazione della cittadinanza, il miglioramento della comunità e la realizzazione di progetti sostenibili.

Cosa promuovete per la società?

Un benessere collettivo che si basi su progetti realizzabili.

IMU-PERTINENZE ABITAZIONE PRINCIPALE 

Categoria catastale C6: box auto, garage, stalle e scuderie.

Parleremo brevemente esenzione IMU sui BOX, C6-stalle , scuderie e garage,riservandoci di approfondire tale argomento.

Se il contribuente ha un box auto per essere pertinenza prima casa deve vantare una relazione durevole ed essere funzionale all’immobile.

A che distanza può trovarsi una pertinenza?

Affinchè il box auto venga considerato pertinenza, non deve essere distante più di un chilometro e 300 metri dall’ abitazione principale, questo significa che se un box auto si trova entro questa distanza può essere considerato una pertinenza. Questa è la risposta dell’Agenzia delle Entrate a un interpello (interpello n. 33 del 19 gennaio).

L’Agenzia delle Entrate specifica che, come chiarito dalla risoluzione 11 aprile 2008, n. 149/E in campo fiscale non esiste una nozione di pertinenza divergente da quella di cui agli articoli 817 e seguenti del codice civile, secondo il quale “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”.

Tale regola è importante per determinare eventuali benefici fiscali e normativi legati alla pertinenza dell’immobile.

La Giurisprudenza è in evoluzione, individuando la vicinanza della pertinenza con le attività quotidiane, andando incontro alla qualità della vita dei cittadini.

La Corte di Cassazione ha precisato che “il vincolo pertinenziale non presuppone necessariamente contiguità fisica tra i due beni, in quanto il collegamento tra il bene principale e quello pertinenziale non è di tipo materiale ma di natura economico-funzionale”, la stessa giurisprudenza di legittimità ha ribadito che al fine della configurabilità del vincolo pertinenziale la destinazione del bene accessorio a servizio di quello principale deve essere durevole, attuale ed effettiva e l’utilità deve essere oggettivamente arrecata al bene principale e non al proprietario di questa.

Ci riserviamo di scrivere dettagliatamente questo problema, come al nostro solito.

 

Recupero Ex Polveriera.

In riferimento al programma di mandato 2024 – 2029 elezioni comunali con Giuseppe Carovani Candidato Sindaco–Coalizione Civica Progressista che ha come punto centrale:

Ambiente e territorio.

Recupero e riqualificare il costruito, stop al consumo del suolo, abbiamo delle valutazioni da esporre:

E’ stata operata al POC, una variante di salvaguardia delle aree inedificate, operazione giustificata, ma che ha certo provocato delusione delle parti proponenti limitandone la capacità innovativa. Un’inversione di indirizzo andrebbe incontro anche a disparità di trattamenti tra operatori economici, alterando nell’insieme produttivo l’equilibrio concorrenziale.

Entrando nel merito del recupero ex polveriera, siamo contrari all’eventuale edificazione di una Residenza Sanitaria Assistita – (RSA) sia nella parte pianeggiante (soggetta anche ad alluvioni), sia nel resto di tale area.

Per quanto concerne la tenuta finanziaria del progetto, abbiamo elementi insufficienti per esporre una valutazione, pertanto ci asteniamo ad emettere un giudizio di approvazione.

Teniamo a precisare che nel nostro territorio sono presenti aree destinate a parchi di estesa rilevanza per esempio:

Il Neto: tuttora in via di completa definizione.

Travalle: da sfruttare la sua ricchezza con una palestra all’aperto, tavolini da Pic Nic, giochi ecosostenibili per mantenere la naturalità del parco stesso, pertanto ha necessità di maggiore manutenzione, la fontana in fondo al percorso ciclabile venendo da Calenzano è inattiva da anni, e maggiori controlli visto che sul ponte per accedere da Calenzano passano spesso moto e motorini, per non parlare dell’abbandono dei rifiuti che ogni poco troviamo. Un’area da salvaguardare e arricchire.    

Le Carpugnane: in stato di completamento con lavori in corso che procedono a rilento e con diffuse interruzioni.

L’offerta di queste strutture, una volta terminate e messe a punto, possiamo definirla adeguata ai bisogni della cittadinanza. La manutenzione e il buono stato di custodia di questi parchi non è sicuramente a costo zero, nonostante la teoria dell’autosostegno. Costi aggiuntivi da tenere presenti, altrimenti l’abbandono e il degrado restano derive inevitabili. 

Abbiamo anche noi delle idee seppur al momento puramente teoriche per il recupero di tale area, privilegiando strutture turistico-ricettive e di agricoltura innovativa, tenendo ben presente la natura del terreno.

Il medio-oriente e i conflitti arabo-israeliani.

Quella mediorientale è una storia complessa. Si potrebbe cominciare a dire che è una storia di Reciproche rigidità, in cui la componente politica non è che uno degli aspetti dei fallimenti in atto.

Di per sé, il sionismo non spiega tutta la complessità della situazione, resa più difficile da chiare scelte di Israele, volte a compiacere l’estremismo ultra-ortodosso, soprattutto a Gerusalemme.

Due nazionalismi in Palestina.

All’indomani della Seconda Guerra Mondiale e della presa di coscienza della portata dell’Olocausto, le promesse dei politici inglesi di assicurare l’indipendenza per gli stati arabi e nel contempo l’ideazione di una patria nazionale per gli Ebrei in Palestina si sono realizzate in una vera e propria tragedia epica i cui effetti continuano inesorabilmente, sin dal 1948, ad avvelenare i non-rapporti tra le parti coinvolgendo i sostenitori di una parte e dell’altra; l’Occidente ed il mondo musulmano.

Si può dire che il sionismo si è spostato nella sua componente più intransigente (un po’ sulla scia dell’Agenzia Ebraica di Ben Gurion), a scapito di una componente sionista più razionale e meno ansiosa di entrare in urto coi palestinesi.

Che i Palestinesi avessero diritti ben precisi nei territori da loro abitati era chiaro perfino agli Inglesi e fin dal 1920 (inizio del mandato britannico sulla Palestina). Si è costretti ad assistere a Macroscopiche ingiustizie che affliggono sia gli arabi che gli israeliani.

Gli inglesi sostenevano l’indipendenza di una nazione araba in quanto avevano bisogno delle forze arabe per combattere i turchi. Ed analogamente ebbero serio interesse a sostenere la costituzione di una patria per gli Ebrei quando ebbero bisogno del loro appoggio, politico e scientifico, durante la Prima Guerra Mondiale, sebbene questo sarebbe successo in Palestina a netta prevalenza araba (è la cosiddetta Dichiarazione Balfour); tant’è che il primo ministro del tempo Lloyd George, nelle sue memorie, a proposito della conquista di Gerusalemme da parte del generale Allenby, togliendola ai musulmani, usò l’espressione “riprendere possesso” come si trattasse del seguito di una crociata e tale impostazione è rimasta nei rapporti dell’Occidente con il Medio Oriente per tutto il ventesimo secolo.

Tutto ciò era in qualche modo conseguenza della Dichiarazione Balfour, con cui Londra appoggiava la costituzione di un focolare ebraico in Palestina; promessa questa che mal si conciliava con gli accordi presi dagli inglesi con lo sceriffo della Mecca Hussein, per la nascita nella regione di una grande nazione araba sulle ceneri dell’Impero ottomano.

Un altro punto interessante è che, in questo lungo e tormentato periodo storico, esiste e produce i suoi effetti un nazionalismo palestinese, che fin dalla fine della prima guerra mondiale, nelle sue varie componenti, è attivo soprattutto come reazione al sionismo e alla prima ondata migratoria ebraica dall’Europa.

Il punto nodale è che, a differenza del sionismo, il nazionalismo palestinese ha delle componenti che non possono dirsi propriamente palestinesi, perché collegate ad altre realtà nazionali in lotta contro l’oppressione ottomana (Partito arabo per l’indipendenza, Partito nazionale siriano, Patto iracheno, Partito democratico, Associazione della rinascita morale, Sakhur, Hawrawi, Dandashli, Fadl). Ciò spiega come mai tutte queste organizzazioni non abbiano mai dato vita a un

Movimento nazionalista palestinese. Ingiustizie che affliggono sia gli arabi che gli israeliani.

Non esiste codice morale che giustifichi la persecuzione di un popolo nel tentativo di ridurre la persecuzione di un altro. Il rimedio per la cacciata degli ebrei dalla Germania non sta nel cacciare gli arabi dalla loro terra; e non si può trasportare conforto alla disgrazia degli ebrei al prezzo di imporre una disgrazia analoga a un popolo pacifico e innocente”. Si è ancora nel 1938 e che quelle parole, tristemente profetiche, non influirono minimamente sulle scelte che verranno fatte dieci anni dopo.

C’è da chiedersi, allora come oggi, per quale motivo i palestinesi di allora dovessero rassegnarsi ad una promessa fatta dalla Gran Bretagna nella Prima Guerra Mondiale ad un popolo i cui antenati erano vissuti sulla loro terra due mila anni prima? Per quale motivo la nuova ondata di profughi maomettani doveva pagare questo prezzo per poi sentirsi dire che erano loro gli assalitori e le vittime erano quelli che li avevano spossessati? Nei decenni a procedere, infatti, i palestinesi sarebbero divenuti “terroristi” mentre quelli che si erano presi le loro terre sarebbero stati gli incolpevoli, i rappresentanti di una nazione rinata come la Fenice dalle ceneri di Auschwitz. Agli occhi del mondo del 1948 che cosa contava la sorte di 750.000 profughi palestinesi a fronte dell’eccidio di 6 milioni di ebrei?

E‘ questo il canovaccio di una tragedia che continua ad essere scritta da allora, che è stata dipinta da tante, troppe, raffigurazioni di morte sempre brutale da ambo le parti e che è giunta all’ennesimo capitolo sul quale non riesce a approdare il vocabolo “fine”.

E qui si arrestano le note storiche da cui si sottolineano anche responsabilità, tentando di spiegare come porsi di frante a questo conflitto in atto.

Il discorso potrebbe esaurirsi parecchio, escludendo categoricamente che la guerra e la morte possano essere accettate come forma di lotta per il raggiungimento della libertà e dell’affermazione del valore, politico ed umanistico, di ogni singolo componente di quei popoli. La tolleranza, il rispetto di sé e degli altri, la libertà di coscienza e di pensiero sono alle basi anche delle rivoluzioni: “Libertà – Uguaglianza – Fratellanza” Niente di più lontano, quindi, da un conflitto; da un conflitto poi che si mantiene malgrado tutti i tentativi di porvi rimedio che sono costati, anch’essi, dolore e sangue.

Ma sarebbe troppo semplicistico pervenire alla conclusione che il conflitto palestinese- israeliano sia da declinare ma di accettarlo nel realismo delle sue dinamiche complesse perché il conflitto è una realtà ben evidente e coinvolge giorno per giorno, destabilizzandone tutte le relazioni internazionali.

L’analisi degli avvenimenti precedenti, dal 1948 (ma anche prima), prova come gli israeliani abbiano ininterrottamente vinto le guerre contro i palestinesi e tutta la parte araba. Ad ogni conflitto è emerso la supremazia tecnologica e strategica degli israeliani dando fama ai loro generali e altre strutture militari, cosa che non si è verificata dall’altra parte. Dimostra anche come gli israeliani abbiano messo in atto una politica di progressiva erosione del territorio con una colonizzazione spinta. Tutto il conflitto sembra quindi mantenersi sulla invasività degli israeliani e sulla incapacità dei palestinesi di opporre non tanto una resistenza quanto una capacità di reazione militare. Sono dovuti ricorrere ai criteri di lotta del terrorismo che, com’è altrettanto evidente, non ha portato, allora come adesso, a nessun vantaggio sintomatico per le aspirazioni palestinesi. Ha anzi innescato ulteriori contro-reazioni causa di lutti che colpiscono indistintamente e che scandalizzano tanto l’opinione pubblica occidentale. Il conflitto mette in evidenza (se ne fosse bisogno!) l’indifferenza delle organizzazioni mondiali incaricate al controllo ed alla soluzione dei conflitti; indifferenza che appare sempre più incompetenza, inadeguatezza di stabilire cosa fare e come farlo, inadeguatezza di far sentire la propria voce, incapacità di imporre il proprio ruolo istituzionale. Un altro degli inutili costi della cosiddetta comunità internazionale.

Dietro i due antagonisti si muovono i comprimari; quei governi che, in maniera più o meno manifesta, danno aiuti e contributi alle parti in conflitto. Come potrà allora avere termine questa immane tragedia annunciata?

la vita dell’uno è la morte dell’altro. Torna la natura nella sua nuda e dura realtà con la sua legge Homo homini lupus, priva di mediazioni giuridiche, artificiali, umane. L’altro è solo l’altro, non ha connessioni, è il nemico illimitato, è l’avversario ostinato, è la diversità da ricondurre ad omogeneità attraverso la sottomissione o l’eliminazione.

Non pare che il tentativo di risolvere il conflitto abbia preso coscienza della vera natura del conflitto, preferendo soluzioni facili, veloci ed inutilmente sanguinarie.

Ancora oggi gli israeliani non possono mettere in soffitta gli attrezzi di guerra; sono costretti a vivere nell’angoscia, aspettando il segnale delle sirene d’allarme, il frastuono dei razzi, con il timore di essere colpiti o di vedere colpiti i propri i cari. Tutti i giorni.

Ancora oggi i palestinesi vivono nell’angoscia, proprio come gli israeliani, piangendo le loro maggiori perdite sproporzionate, guardando le loro case abbattute nella convinzione di non poterle ricostruire.

C’è una disarmante disparità di risorse tra i due popoli che, verosimilmente, non è estranea alla Giustizia, indipendenza, autodeterminazione e libertà; sono le aspirazioni giuste cui ogni popolo, col suo patrimonio di storia-cultura-tradizione, deve ambire. Sono le garanzie senza le quali un popolo non può sussistere e identificarsi come tale. Non scorgiamo come questi due popoli abbiano occasioni di avvicinarsi e parlarsi. La storia insegna che a volte le dispute sono insanabili e le guerre si perpetuano. I processi di pace naufragano. 

I due popoli non possono che avere profonda fiducia nel processo di pace (e noi con loro) perché non c’è nient’altro nel quale possono avere fiducia per il presente e per il futuro.

Israele ha diritto a difendersi ma la violenza messa in campo contro i palestinesi non appare giustificabile.

I palestinesi hanno una vita intollerabile per qualità e dignità ma attaccare disordinatamente Israele con tutti i mezzi a disposizione, forniti da governi discutibili., è contro produttivo, inutile ed afinalistico.

La soluzione del conflitto è nel dialogo, nel colloquio diretto, nel guardarsi negli occhi parlando. 

E’ una soluzione squisitamente umana nella quale non conviene implorare ed aspettare il provvedimento divino da nessuna delle due parti.

Pretese territoriali: Entrambi i popoli reclamano il diritto a una terra che valutano la loro patria storica. I palestinesi reclamano il diritto a uno stato indipendente nei territori occupati da Israele dal 1967, mentre gli israeliani affermano che Israele è la loro patria.

La partita è aperta, E arriviamo al conflitto di questi giorni, combattuto con grandi quantità di razzi da Gaza, scontri nelle strade di Gerusalemme, stato di emergenza nella città arabo-israeliane ai confini con Gaza. Uno sterminio provocato dai razzi a disposizione di Hamas e la repressione prepotente delle armate israeliane. 

È difficile individuare distinzione giuridica tra un’aggressione militare ingiustificata e la liceità della legittima difesa.

Uno dei rischi più gravi che minano le relazioni internazionali politiche di questo avvio di millennio è l’opera di dis-informazione e mistificazione dei fatti della Storia che, come nella Fattoria degli animali di George Orwell, mira ad instaurare un sistema di pensiero unico totalitario in nome di un’ipocrita distorsione dei concetti di libertà e di democrazia.

Ascolto e participazione 

Ascolto attivo per tutti i cittadini, forum e sondaggi per unire le voci della comunità.

 

Eventi a cui abbiamo partecipato

Avanti per la Toscana, verso le elezioni Regionali

Assemblea Regionale Avanti 24/05/2025

Presentazione ''Avanti per la Toscana'' 17/05/2025

Incontro Giovanni Boccaccio 25/03/25

Evento di formazione di Avanti 22/02/2025

Congresso della Regione Toscana di +Europa 16/12/2024

2 Giugno 2025

I Maggio 2025

25 Aprile 2025

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Luogo di Riunioni

Calenzano Democratica presso MCL Settimello via Arrighetto da Settimello 84, 50041 Calenzano (FI) 

Contatti

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